Favignana – L’agricoltura

La coltivazione della terra, a differenza della pesca, non fu una vocazione dei Favignanesi nei tempi remoti, ma fu importata come attività nel 1700, quando l’isola apparteneva al marchese Pallavicino. Questi affittò parte dell’isola ad una famiglia proveniente da Caltanissetta i Livolsi e la fece coltivare.

La famiglia piantò alberi da frutto, seminò, allevò animali. In breve Favignana divenne un rigoglio di frutta e verdura, cereali e cotone. Il vento soffiava forte e carico di salsedine. Ma dove non si poteva coltivare nelle cave e negli avvallamenti, si ergevano muretti in pietra di tufo e calcari e ben presto l’isola fu tutta un ricamo di queste difese.

La coltivazione dovrebbe specializzarsi con colture adatte al clima, come in effetti già si praticava istintivamente all’inizio; ma tutti i terreni degli avvallamenti e degli sprofondamenti del tufo sono comunque adatti agli ortaggi; la vite, ove è coltivata, prospera; gli agrumi e il cotone sono sempre stati coltivati con successo nell’isola.

Si pensi inoltre che gran parte dei prodotti potrebbe essere ormai smerciata nell’isola durante la stagione turistica, realizzando il doppio guadagno della produzione propria con l’abbattimento dei costi di trasporto. La causa vera dell’abbandono dell’agricoltura sta dunque nella concomitanza fra l’eccessiva polverizzazione della proprietà e la disaffezione intervenuta con la fine dell’isolamento causata dall’intensificazione e accessibilità dei trasporti e dal bombardamento che i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto su una comunità impreparata.

L’agricoltura è stata abbandonata qui come in gran parte dell’Italia. Ci si è illusi che otto ore di lavoro in fabbrica fossero più motivanti e meno faticose di dieci ore nei campi; oppure si è creduto che 70 giorni di TURISMO all’anno potessero mantenere l’intera comunità per i rimanenti 295.

D’altra parte la ripresa dell’agricoltura (e della pesca), che sarebbe il più saggio dei programmi di sviluppo di Favignana, comporta una intuizione intelligente di nuove frontiere di sviluppi sociali tendenti all’ “economia integrata” e alla utilizzazione consapevole delle risorse, che sinceramente non sappiamo se sia legittimo pretendere a questo livello di realtà. Tuttavia soltanto nelle minoranze qualificate dai limitati obiettivi, quale sono quelle isolane, potrebbero germogliare le vere soluzioni nuove del vivere civile a misura d’uomo.

ultima modifica: 2019-03-13T09:42:31+00:00 da Le Case di Tufo